Vaccini, ecco quando sono stati inventati
Negli ultimi anni la corrente dei no-vax si è notevolmente rinvigorita, con grande disappunto di tutti gli esperti e della stessa Organizzazione mondiale della Sanità, che sta provando invano a spiegare che senza vaccini si rischia addirittura di far tornare virus già debellati.
Eppure proprio grazie ai vaccini milioni di persone in tutto il mondo sono sopravvissute alle patologie più svariate, che magari solo pochi anni prima erano letali.
Ma quando i vaccini hanno visto la luce?
Se già al tempo dell’antica Grecia lo storico Tucidide aveva avuto modo di osservare che coloro che, al tempo dell’epidemia di vaiolo del 429 a.C. riuscivano a sopravvivere, divenivano poi immuni alla malattia o comunque alle sue manifestazioni più gravi, la vera svolta in ambito di vaccini si deve al medico di campagna britannico Edward Jenner che nel 1796 scoprì la vaccinazione come tecnica per sconfiggere e prevenire le malattie infettive.
Jenner osservò che i contadini che avevano contratto il vaiolo bovino (assai meno grave rispetto alla variante umana) mungendo le mucche, una volta superata la malattia, non contraevano mai il vaiolo umano. Nel 1976 Jenner provò quindi ad iniettare del materiale preso da una pustola di vaiolo bovino in un ragazzo di 8 anni, e la malattia non si sviluppò.
A portare in Italia il la vaccinazione jenneriana fu Luigi Sacco, primario dell’Ospedale Maggiore di Milano.
La tappa successiva di grande importanza per lo sviluppo dei vaccini si ebbe grazie al Chimico francese Louis Pasteur, illustre ricercatore e studioso, che grazie alle sue scoperte e alla sua attività di ricerca è universalmente considerato il fondatore della moderna microbiologia.
Con Pasteur ha inizio l’era della vaccinazioni di massa come strumento per debellare le principali malattie infettive con un aumento considerevole dell’aspettativa di vita nell’occidente.